Compendiando quello che prevedono la grammatica di Serianni, il Manuale di stile di Lesina e la pagina della Crusca che citi, in italiano si usano effettivamente (per lo più) due lunghezze: il trattino breve e quello lungo. (Qualcuno li chiama rispettivamente trattino e lineetta, mentre altri usano il termine “trattino” o “lineetta” per entrambi, e quindi è meglio specificare).
Il trattino breve si usa (in genere senza spazi prima né dopo):
- per andare a capo;
- per collegare “due membri di un composto che non presenti una stabile univerbazione” (“socio-linguistica”, “mini-bus”, se non si preferisce scriverli uniti) e in termini formati giustapponendo due sostantivi (“guerra-lampo”);
- per gli intervalli numerici (“alle pagine 120-135”);
- per separare due nomi propri o comuni che formano un qualche nesso (“il derby Milan-Inter”, “gli incontri governo-sindacati”), o analogamente due aggettivi (“gli aspetti linguistico-filologici”);
- con alcuni prefissi e prefissoidi, specie in formazioni occasionali (“i movimenti anti-apartheid”).
Il trattino lungo si usa (in genere preceduto e seguito da uno spazio):
- per introdurre il discorso diretto (in alternativa ai due punti e le virgolette);
- per racchiudere un inciso (“Malgrado ciò – o forse grazie a questo fatto – aveva ottenuto un notevole successo”).
Raramente si usa anche un tratto ancor più lungo per usi tipografici speciali (a volte per contrassegnare le singole voci di un elenco, o per indicare parti mancanti di un testo lacunoso, e in questo caso la lunghezza del tratto può essere proporzionale a quella della parte mancante).