I dizionari italiani, come, per esempio, il vocabolario Treccani, il Grande dizionario della lingua italiana o lo Zingarelli, fanno uso dei termini "regionalismo" (di solito abbreviato "reg."), "dialettalismo" (usualmente abbreviato "dial.") e a volte anche abbreviazioni più esplicite come "sett.", “centrosett.”, "sicil.", ecc. per segnalare alcune voci o determinate accezioni di alcune voci. Non mi è per niente chiaro, però, cosa si intenda esattamente per "regionalismo" e per "dialettalismo": qual è la differenza tra questi due termini? A volte ho avuto la sensazione, per quello che ho letto in qualche commento, che con "dialettalismo" si volesse indicare un vocabolo di uso ancora più ristretto, cioè, un termine il cui significato non è noto agli italiani che non conoscono un determinato dialetto o che è sentito come "scorretto" (ecco un esempio) nel senso che alcune persone lo percepiscono come non propriamente italiano, di quello che si fa con un regionalismo, ma forse questa è una sensazione completamente sbagliata.
Nel documento L'italiano del XXI secolo. Manualetto per studenti stranieri, di Sabina Gola (Université libre de Bruxelles), ho trovato queste definizioni:
Regionalismi: parole usate soprattutto nella zona d’origine
Dialettismi: parole che hanno superato i confini locali e si sono diffuse in tutta la penisola perché associati a particolari prodotti o fenomeni
Infatti, queste definizioni sono un riassunto di quello che è esposto in Grammatica italiana con nozioni di linguistica di Maurizio Dardano and Pietro Trifone.
Per quanto concerne i dialettalismi, questo libro spiega:
I nostri dialetti hanno contribuito alla formazione dell'italiano fin dai primi tempi: arsenale e lido vengono da Venezia; scoglio, prua e darsena da Genova; ammainare da Napoli; portolano da Palermo. Nel diciottesimo secolo la Lombardia ha dato il calmiere, Napoli la lava e la mofeta, termini relativi ai fenomeni vulcanici.
Per entrare nel lessico italiano i dialettalismi devono italianizzarsi nella forma: così l'arzanà de' Viniziani ricordato da Dante (Inferno, XXI, 7) è diventato l'arsenale. Nell'ultimo dopoguerra il settentrionale imbranà ha preso un suffisso italiano diventando imbranato.
In quali settori si attinge al lessico dei dialetti? Due sono le categorie principali di dialettalismi:
termini tecnici (prodotti regionali tipici, agricoltura, allevamento, caratteri ambientali, nomenclature di vario tipo);
parole espressive relative a situazioni, a costumi, ad atti che si prestano alla rappresentazione parodistica e allo scherzo.
Per quanto riguarda la prima di queste due categorie ricordiamo che già nell'Ottocento la filanda lombarda s'impone sul filatoio fiorentino: più tardi in luogo dei fiorentini ammazzatoio, mezzaiolo, mezzeria, marcitoia si preferiscono: mattatoio (Roma e Italia centrale), mezzadro e mezzadria (Emilia), marcita 'terreno irrigato anche d'inverno' (Lombardia). Abbiamo già parlato del successo dei settentrionali lavello e scocca.
Segnaliamo altri prestiti dai dialetti, distinguendo per regione:
da Genova vengono: abbaino, acciuga, mugugno;
dalla Lombardia: balera, barbone, brughiera, gorgonzola, grana, metronotte, panettone, risotto;
dal Piemonte: arrangiarsi (passato nell'italiano popolare: v. 16.6), cicchetto (diffuso con il gergo militare), fonduta, gianduiotto e grissino;
da Roma: bocce, caciara, cocciuto, dritto 'furbo', fanatico 'ostentatore', pappagallo 'corteggiatore', pizzardone 'vigile urbano';
sono di area romanesca e napoletana: fasullo, racchio, scippo, stronzo, tardona;
da Napoli vengono: camorra, iella, omertà, spocchia;
dalla Sicilia: mafia e intrallazzo.
Ed ecco la spiegazione che riguarda i regionalismi del libro sopra menzionato:
Le varietà regionali di italiano (v. 2.1.2) differiscono tra loro anche nel lessico. L'anguria del Nord diventa cocomero nel Centro, melone o mellone nel Sud; in Toscana e nel Sud si ha cacio, nel Nord formaggio; alle caldarroste di Roma corrispondono altrove le castagne arrostite; il prezzemolo si chiama erborino in Lombardia e petrosino in Sicilia; i lacci delle scarpe sono denominati anche, secondo le regioni, legacci, laccetti, stringhe, aghetti. Questo tipo di regionalismi lessicali si chiamano geosinonimi, come dire 'sinonimi geografici': secondo le regioni si indica la stessa cosa con un nome diverso.
Lo studio dei regionalismi lessicali non è facile. Infatti ci sono vocaboli comuni a ciascuna delle quattro varietà di italiano regionale che abbiamo già distinto (settentrionale, toscana, romana, meridionale), ma poi vi sono vocaboli propri dell'italiano della Lombardia, dell'italiano dell'Emilia, dell'italiano della Sicilia ecc.
[...]
Seguono un elenco di esempi di regionalismi e alcune considerazioni e riflessioni sul fenomeno dei regionalismi lessicali nell'italiano moderno.
Tuttavia, non sono sicura che queste spiegazioni si corrispondano con quello che intendono i dizionari quando marcano i lemmi con questi termini. Le definizioni che ne dà il Treccani (1 e 2) sono queste:
regionalismo [...] In linguistica, termine, locuzione o costruzione sintattica proprî di una determinata regione.
dialettalismo [...] Vocabolo, espressione o forma di origine dialettale; variante fonetica di natura dialettale. Anche dialettismo.
Bene: questo si capisce, ma penso che molti dei regionalismi nel senso della definizione precedente siano anche dei dialettalismi. E, a quanto pare (non ho fatto un controllo esaustivo), gli esempi di dialettalismi del libro di Dardano e Trifone non sono marcati con "dial." nei vocabolari. Per queste ragioni non mi è chiara la distinzione che se ne fa nei dizionari. Me la sapreste spiegare?
Per esempio, come si spiegava in questa risposta, il Grande dizionario della lingua italiana dà "sverso" come regionalismo, ma spiega anche che provviene del piemontese "svers", quindi, in questo senso, sarebbe anche un dialettalismo. Invece, questo stesso dizionario dà, per esempio, i vocaboli "diacciera" e "bavarola" come dialettalismi e indica che si tratta di una voce toscana il primo e di una voce romanesca il secondo. Capisco che, come ha detto @DaG in un suo commento, quando il dizionario indica che un termine di origine dialettale è un regionalismo, s'intenda che sia entrato a far parte dell'italiano regionale di una certa zona geografica. Allora, prendendo uno degli esempi precedenti, se "bavarola" è un dialettalismo ma non è un regionalismo, cioè, non è entrato a far parte dell'italiano regionale di Roma, significa che ha un uso più ristretto, cioè, che si trova soltanto nell'italiano di alcune persone (come Moravia) che l'adoperano per influenza del romanesco?