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Ho un dubbio sulle forme alterate (ad es. diminutivo ed accrescitivo) di nomi col plurale irregolare in "-a" (braccia, ginocchia, dita) derivanti dal neutro di seconda declinazione latino.

Quando diminuiti o accresciuti, immaginando di usare la forma plurale in "-a" come base – tutti i miei esempi sono in realtà sovrabbondanti, ma la forma in "-i" non causa dubbi –, diventano "-ina/-ona" o "-ine/-one"?

Insomma:

1)

le braccia → le braccina/bracciona;

le dita → le ditina/ditona

oppure

2)

le braccia → le braccine/braccione

le dita → le ditine/ditone

?

Io sono abbastanza convinto dell'opzione 2 ("ine/one"), ma conosco persone a cui viene più naturale l'opzione 1.

2 Answers 2

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Il senso dietro all'opzione 2 è che quando modifichi un nome, il suffisso si porta dietro tutta la sua 'declinazione': non si dice Giovanni fa il birraia perché viene da birra, ma è il suffisso -aio che stabilisce come formare i finali.

Questo è un principio grammaticale che viene direttamente dal latino: ad esempio, corpus, -oris è della III declinazione, ma se ci attacchi un suffisso corpusculum, -i diventa della II perché prende la declinazione propria del suffisso.

Quindi si dice "il braccino/i braccini", se si usa il maschile, e "le braccine" se si vuole tenere il plurale femminile.

(Con il solito disclaimer che se poi l'uso comune che si impone è diverso, il principio grammaticale vale solo la carta su cui è scritto --- quindi la tua risposta fa bene a considerare questo lato della questione.)

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  • Credo che l'OP volesse chiedere se i plurali sovrabbondanti si trasferiscono a diminutivi o accrescitivi: il braccio/i bracci/le braccia e il braccino/i braccini/le braccina.
    – egreg
    May 24, 2020 at 12:42
  • 2
    @egreg Non ti seguo: a me sembra abbastanza chiaro che la domanda sia "assumendo che uno voglia usare il femminile, si dice le braccina o le braccine". C'è addirittura una scelta tra opzione 1 e opzione 2 nella domanda. May 24, 2020 at 12:48
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Un articolo sul sito dell'Accademia della Crusca ("Plurale di manina, braccino, ditino e... ovetto" di Paolo D’Achille e Anna M. Thornton) copre l'argomento.

Analizzando il corpus storico di La Repubblica trova:

  • 1 "braccini", 22 "braccine", 0 "braccina"
  • 2 "lenzuolini", 1 "lenzuoline", 0 "lenzuolina"
  • 9 "ditini", 8 "ditine", 3 "ditina"

Da Google Libri le abbondanze relative sembrano simili, ma sono ribaltate per "ossa", per cui prevale, tra quelle femminili, la forma in "-ina":

  • 68 "braccini", 2040 "braccine", 65 "braccina"
  • 801 "ditini", 218 "ditine", 167 "ditina"
  • 3840 "ossicini", 101 "ossicine", 256 "ossicina"

Da un'esplorazione delle grammatiche, l'articolo della Crusca trova che o il tema non viene trattato, o, laddove lo fosse, che le forme in "-ina" sono indicate come "non ammissibili" o non elencate tra quelle ammissibili.

Concludendo, tra le forme in -i e quelle in -e trova sostanziale equivalenza:

L’assenza di prescrizioni normative da un lato e la diffusione dei diminutivi di questo tipo più nel parlato colloquiale che nello scritto (e in genere nell’uso formale) spiegano perché l’uso non sia mai stato regolamentato e risulti ancora oscillante

mentre sconsiglia l'uso della forma in -a:

le forme in -a non sembrano neppure oggi proprio del tutto impossibili. Sono però decisamente marginali, e dunque sconsigliabili.

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    Non riesco a capire la ragione dei downvote su questa risposta, che è infatti un riassunto di quello che dice l'Accademia della Crusca sull'argomento. Per favore, utenti che avete fatto questa valutazione, potresti cercare di essere più costruttivi e spiegare come, secondo voi, si potrebbe migliorare questa risposta o cosa non va nel suo contenuto? Si veda questo post sul sito Meta per più dettagli.
    – Charo
    May 27, 2020 at 10:24

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