Nel racconto Zinco dal libro Il sistema periodico, di Primo Levi, ho letto (grassetto mio):
Ronzando intorno a Rita mi accorsi di una seconda circostanza fortunata: dalla borsa della ragazza sporgeva una copertina ben nota, giallastra col bordo rosso, e sul frontispizio stava un corvo con un libro nel becco. Il titolo? Si leggeva soltanto «AGNA» e «TATA», ma tanto bastava: era il mio viatico di quei mesi, la storia senza tempo di Giovanni Castorp in magico esilio sulla Montagna Incantata. Ne chiesi conto a Rita, pieno d'ansia per il suo giudizio, quasi che il libro lo avessi scritto io: e mi dovetti presto convincere che lei, quel romanzo, lo stava leggendo in tutt'altro modo.
Quello che non riesco a capire in questo passaggio è cosa significa che il narratore, un giovane che stava cercando di avvicinarsi a questa ragazza (si era detto, per esempio, "era un pezzo che giravo intorno a Rita, preparavo mentalmente brillanti attacchi di discorso, e poi al momento decisivo non osavo enunciarli e rimandavo al giorno dopo"), "ne chiesi conto a Rita". Ho trovato l'espressione "chiedere conto" sul vocabolario Treccani (punto 2.b), ma il significato riportato, cioè,
domandar ragione a qualcuno del suo operato
non sembra avere molto senso nel contesto del testo. Potreste spiegarmi che vuol dire?