Nel racconto Ferro dal libro Il sistema periodico, di Primo Levi, ho letto (grassetto mio):
Sbarüa è deverbio da «sbarüé», che significa «spaurare»; lo Sbarüa è un prisma di granito che sporge di un centinaio di metri da una modesta collina irta di rovi e di bosco ceduo: come il Veglio di Creta, è spaccato dalla base alla cima da una fenditura che si fa salendo via via piú stretta, fino a costringere lo scalatore ad uscire in parete, dove, appunto, si spaura, e dove esisteva allora un singolo chiodo, lasciato caritatevolmente dal fratello di Sandro.
Non ho trovato questo termine, "deverbio", su nessun dizionario. Ho pensato che stesse per "deverbale" che, secondo il vocabolario Treccani, ha questo significato:
deverbale agg. e s. m. [der. di verbo, col pref. de-]. – In linguistica, di vocabolo (aggettivo o sostantivo) derivato da un verbo; per es. in latino dictator da dictare, in italiano ferita, ferimento, feritore, feritoia da ferire.
Non ne sono sicura, però.
Sul libro Contributions to Latin Lexicography di Henry Nettleship, ho trovato che il vocabolo latino "dēverbĭum" significa
Dēverbĭum, -i, subst. n., the spoken part of a play, unaccompanied by music, as opp. to canticum
ma questo non sembra avere senso nel contesto del brano sopra citato.
Allora mi sono chiesta: questo "deverbio" che appare nel racconto è semplicemente un'invenzione di Primo Levi?
Ma poi ho trovato il termine "deverbio" anche alla pagina 55 del libro Lessico dialettale bitontino di Nicola Pice:
AMMALAGNÈUE, un gatto, un cane, ecc., fargli del male palpandolo troppo [...] *lett. ammalagnare, deverbio di maligno.
Ma questo libro usa anche il termine "deverbale" come se fosse qualcosa di diverso (perlomeno è quello che a me sembra capire). Quindi, forse "deverbio" non è lo stesso che "deverbale".
Qualcuno di voi saprebbe dire cosa significa?