4

"Errori" di ortografia frequenti nei bambini a scuola, e negli adulti che studiano l'italiano come lingua straniera, sono nell'uso dell'apostrofo.

Quali sono le motivazioni storiche per cui:

  • il troncamento generalmente non lascia alcun segno diacritico (es: un altro)
  • il troncamento lascia un apostrofo in alcune parole (es.: po', mo')
  • parole che hanno perso la sillaba finale ab antiquo (non so se si possa definire troncamento) hanno un accento e non un apostrofo (civitatem > città).

Domanda bonus ma attinente: c'è una sostanziale differenza tra l'"elisione" di una > un' e il "troncamento" di uno > un, oppure il segno diacritico è puramente per marcare la differenza di genere?

2
  • In attesa che qualcuno possa scrivere una risposta: sì, c'è una differenza sostanziale e si vede nel fatto che le forme tronche hanno, per così dire, un'esistenza autonoma. Si dice “un uomo” ma anche “un cane”, mentre “un'” dipende strettamente dalla presenza di una vocale: “un'ape” ma “una tigre”. È lo stesso discorso del perché “qual è” si scrive senza apostrofo: “qual” è una parola (tronca) che si può usare anche di per sé (“per la qual cosa”, “qual buon vento ti porta” etc.).
    – DaG
    Dec 27, 2022 at 10:21
  • Invece “piede” diventa “piè”. Non cercherei motivazioni profonde: po‘ mo‘ ca‘ si scrivono così perché di sì. Gli imperativi da’ di‘ fa’ sta’ va’ hanno una storia diversa. Storicamente, l'accento su parole come “città” era un apostrofo che poi ha cambiato posto.
    – egreg
    Dec 28, 2022 at 10:37

1 Answer 1

2

Non chiamerei l’apostrofo un segno diacritico, ma non è molto importante.

Nell’ortografia italiana, così com’è oggi, ci sono alcune particolarità:

  • l’accento grafico obbligatorio sulle parole ossitone;
  • apostrofo per l’elisione;
  • nessun segno per il troncamento, con qualche eccezione.

Le eccezioni sul troncamento sono le note parole

po’ mo’ ca’ fra’

(il Treccani però dice che fra’ e frà sono meno comuni di fra), gli imperativi

da’ di’ fa’ sta’ va’

(che hanno un’origine propria e indicano forme dell’imperativo sviluppatesi a fianco di dai dici fai stai vai) e altri che vogliono l’accento come piè.

Di fatto, l’accento sulle parole ossitone era un apostrofo che indicava la caduta della sillaba finale e poi si trasferì sulla vocale. La distinzione fra accento acuto e grave è recente.

A parte questi casi, il troncamento non si segnala. Come distinguere? La regola pratica è vedere se la parola “mozzata” ha “vita propria”:

un albero, un disegno
nessun impegno, nessun gioco
qual è, qual buon vento

(Fra parentesi: l'italiano ha due articoli indeterminativi, cioè uno e una, solo che il primo ubbidisce alle regole fonetiche che impongono certi troncamenti.)

Se la parola “mozzata” può essere adoperata davanti a consonante, nessun segno. Al contrario

un’ora, una vignetta

L’articolo una non può essere “mozzato” davanti a consonante, quindi vuole l’apostrofo.

Si può restare incerti se si debba scrivere pover’uomo o pover uomo, visto che pover tapin è negli immortali versi di “Ho visto un re”, ma direi che certi troncamenti usati in poesia non fanno regola.

Non credo che la domanda sul perché certi troncamenti si segnino con l’apostrofo abbia risposta: qual è la differenza fra po’ e piè? Non ne vedo. L’unica spiegazione è che la tradizione ortografica ormai è questa.

Your Answer

By clicking “Post Your Answer”, you agree to our terms of service and acknowledge that you have read and understand our privacy policy and code of conduct.

Not the answer you're looking for? Browse other questions tagged or ask your own question.