Non si può dire che si tratti di una costruzione non corretta dato che l'aggettivo "alcuno" o "alcuna" al singolare col significato di "qualche" è stato usato nella lingua italiana anche in frasi interrogative, come in questo esempio proveniente di un poema Seicentesco di Giovanni Battista Marino che ho tratto del Grande dizionario della lingua italiana:
Udrò di te mai più richiamo alcuno,
ministro di follie, fabro d’errori?
Tuttavia, questo uso di "alcuno" è da considerarsi arcaico. Vittorio Coletti, nel suo libro Grammatica dell'italiano adulto, spiega che, nell'italiano di oggi, "alcuno" e "alcuna" al singolare si usano soltanto in frasi negative, nelle quali, come menzionato da @egreg nel suo commento, sono anche in declino:
Nel nostro caso è soprattutto il forbito alcuni a fare le spese, che resiste meglio solo se è in correlazione con altri («alcuni sono venuti, altri no»); a suo svantaggio gioca anche il fatto che è parola che al singolare ha valore negativo e può trovarsi solo in frase negativa («non c'è alcuna traccia di effrazione») e al plurale ne ha uno positivo; e quindi è troppo complicata. Nel LIP, il Lessico di frequenza dell'italiano parlato, alcuno è usato quasi solo al plurale.
Nell'italiano antico alcuno poteva essere usato anche al singolare in frasi positive, ma oggi non è più ammesso, e la nostra lingua tende a comportarsi come il francese (dove aucun si trova solo in frasi negative) e a differire dallo spagnolo e dal portoghese che conservano il valore positivo di algún.
Alcuno al singolare patisce la concorrenza di nessuno (come in spagnolo) e stenta quindi, diversamente che in francese, anche in questo ruolo («non c'è nessuna traccia» è molto più attestato su Google di «non c'è alcuna traccia»).