Le proposizione completive soggettive rette dal verbo essere in unione con un aggettivo o un avverbio sono introdotte da che o da come nel costrutto esplicito. Non sono possibili altri introduttori.
È strano come una discesa, vista dal basso, assomigli a una salita.
[Citazione spuria di Pippo.]
«*È strano di come una deportazione appaia…» è dunque agrammaticale.
Il costrutto implicito, invece, generalmente non richiede alcun introduttore:
Che non è giusto aver ciò ch'uom si toglie [Esempio dalla voce «Giusto» del Tommaseo-Bellini]
In passato, però, erano frequenti casi di reggenza preposizionale dell’infinito. Il Serianni (Luca Serianni, Italiano, Milano: «Garzanti», 2000, § XVI.72) afferma che questo tipo di costrutto «non [può] dirsi desuet[o] neppure nella prosa contemporanea», e porta poi alcuni esempi letterari dei secoli passati (ne riporto un paio):
i quali fatti combinati è affatto impossibile alla mente umana
d’intendere [Vico, Scienza nuova, 137]
voglio avvertirla d’una cosa che le sarà utile di sapere [Manzoni, I
Promessi Sposi, XIX 12]