Non esistono aggettivi che corrispondano perfettamente all’accezione dell’inglese winsome, e che faccian riferimento soprattutto a un’innocenza infantile. Per trovare qualcosa che ci si avvicini, dobbiamo ricorrere a grazioso (derivato di grazia, ossia «l’insieme delle caratteristiche estetiche o di comportamento che rendono qcn. o qcs. attraente e affascinante», De Mauro) oppure a leggiadro, aggettivo dal sapore letterario.
Va da sé che l’innocenza è quasi un presupposto della bellezza di chi è leggiadro o grazioso. Il Vocabolario degli Accademici della Crusca, prima impressione (1612), alla voce «Leggiadria» riporta la definizione di monsignor Giovanni della Casa:
Non è altro leggiadria, che una, cotal quasi luce, che risplende dalla
convenevolezza delle cose, che sono ben composte, e ben divisate l'una
con l'altra, e tutte insieme, senza la qual misura, eziandio il bene
non è bello, e la bellezza non è piacevole.
S’implica qui l’antica concezione platonica, e greca in generale, della corrispondenza tra bellezza e bontà. Una donna leggiadra o graziosa ha una bellezza angelica e pura, e non potrebbe far ribollire il sangue a chi la guarda. Da un lato sta l’attrattività terragna di chi è seducente, procace; dall’altro la compostezza e la leggerezza quasi celeste di una persona graziosa e leggiadra.
Giacché winsome, secondo il dizionario Macmillan, è prevalentemente letterario, credo che leggiadro ne sia una traduzione adeguata; anzi, se l’aggettivo si applicasse a un bambino, non sarebbe inappropriato neanche il diminutivo leggiadretto.
Scendendo di registro, troviamo poi carino, che non ha implicazioni morali, e trasmette, nell’uso famigliare, l’idea di qualcosa di delicatamente piacevole alla vista: una bellezza non vistosa che suscita tenerezza. Inoltre, comunemente, in riferimento all’aspetto di donne o uomini, è quasi a metà strada tra ordinario e bello. Una ragazza carina non ha un aspetto sgradevole, anzi, piace a molti; ma non può nemmeno dirsi bella.