Direi che sia un uso molto simile a quello che Serianni, nel suo Italiano (XI, 374), chiama “imperfetto di modestia” o “d'intenzione”, spiegando:
Non indica un'azione di tempo passato, ma si adopera per esprimere «un desiderio con un tono garbato di apparente rinuncia: ‘volevo la tal cosa’, ‘cercavo di te’, ‘venivo per parlarti’ invece che ‘voglio, cerco, vengo’: quasi che il soggetto volesse dire ‘volevo questo, ma, se non è possibile, non importa, ne fo a meno’ e simili» (Ronconi). Forse più che di «imperfetto di modestia» sarebbe preferibile parlare di «imperfetto d'intenzione»: infatti questo tempo verbale può essere adoperato non solo per presentare in forma attenuata una richiesta o un'affermazione, ma anche per disporsi all'ascolto (così, entrando in un negozio, il commesso può rivolgercisi con un «Desiderava?» oltre che con l'usuale «Desidera?»). In sostanza, si tratta di una modalità che può confrontarsi con altri costrutti con valore «attenuato», quali l'indicativo e il condizionale di cortesia ... e che può essere accostata all'imperfetto conativo. Ecco un esempio di Cassola (La ragazza di Bube, 32-33): «– Be' parla allora –. – Prima di tutto volevo dirti che vado a stabilirmi a San Donato».
L'imperfetto conativo menzionato è quello di frasi come «Per poco non mi ammazzavo».
Poi – osservazione personalissima – anch'io in certe circostanze lo trovo curioso, come quando qualche studente mi scriveva: «Le volevo chiedere [la tal cosa]» e mi veniva da pensare «E adesso? Non me la vuoi chiedere più?»