Ecco quello che ho trovato nel libro Grammatica dell'italiano adulto di Vittorio Coletti (Il Mulino, Bologna, 2015):
Una delle ragioni che possono affrettare il decadimento di una parola grammaticale, quando ne esista un suo succedaneo funzionale, può essere la sua equivocità formale. Prendiamo ancora tra gli indefiniti: altro/altri/altra/altre. Nella lingua antica esisteva anche un altri pronome singolare (Dante, Inf. V: «s'altri nol niega») che si è ancora usato fino a qualche decennio fa nello scritto o in testi comunque di buona formalità. Ma oggi non lo si adopera più, evitando equivoci col plurale.
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La stessa ragione che ha messo in crisi l'esistenza di altri pronome singolare si ritrova dietro la scomparsa ormai imminente, se non già avvenuta, di questi e quegli pronomi singolare soggetto (nella lingua letteraria anche complemento): «Questi, che mai da me non fia diviso, / la bocca mi baciò tutto tremante» (Dante); «mentre quegli girava la chiave nella toppa» (Manzoni). La sovrapposizione ai plurali di questo e di quello ha favorito la caduta in disuso di queste forme.
Quindi, nel linguaggio comune attuale, si usa "altro" invece di "altri" come pronome indefinito singolare.
Aggiungo anche la risposta di Fausto Raso, giornalista che si è occupato da tempo di problematiche linguistiche, a questo quesito:
Gentile amico, si possono adoperare indifferentemente: chi altro o chi altri, anche se quest'ultimo pronome è preferibile riservarlo al campo letterario.
Secondo la mia esperienza, il pronome singolare "altri" si trova ancora con una certa frequenza in testi di un certo grado di formalità.