Come già detto, “chioccia” è qui il femminile dell'aggettivo “chioccio”, che detto di una voce o simili la caratterizza come rauca e stridula.
Per un italiano il riferimento più o meno obbligato (come ricorda Denis Nardin) sono i versi danteschi «“Pape, Satàn! pape, Satàn! aleppe!...” / cominciò Pluto con la voce chioccia» (If, VII, 1-2)».
Ne commenta l'Enciclopedia Dantesca: «la voce di Pluto è chioccia, ossia “rauca”, “aspra”, “di tono rauco e cupo” (Fallani); ma c'è nell'aggettivo una sfumatura che riguarda non soltanto il suono della voce, bensì anche l'animus del personaggio cui la voce appartiene; bene quindi il Sapegno: “rauca, rabbiosa” (“stridente e rotta”, Buti); il Sapegno continua: “È una spia dello stile ‘aspro’ a cui tutta la prima parte del canto s'intona, attraverso la ricerca di rime difficili, e quindi intensamente espressive, alla luce della tecnica e della poetica medievale (-eppe, -occia, -abbia, -acca, -ipa, -iddi, ecc.)”. / Lo stile ‘aspro’ cui allude il Sapegno riappare nel secondo dei due passi in cui troviamo l'aggettivo, le rime aspre e chiocce (“idest, rigidas”, Benvenuto) di If XXXII 1, dove lo stile comico è necessario per descrivere il tristo buco, cioè il nono cerchio dell'Inferno, che ospita i traditori».
Aggiungo però che, se l'aggettivo suona tuttora un po' “comico”, oggi raramente si porta dietro i connotati di asprezza e rabbia che caratterizzano il Pluto dantesco, e “con (la) voce chioccia” è rimasta un'espressione quasi fossilizzata, con pochissime varianti come “con tono chioccio” e simili.