Qualche giorno fa mi sono trovato a comporre una frase con il participio passato del verbo prudere, ma quando sono andato per pronunciarlo mi sono bloccato, imbarazzato, senza sapere che dire.
Secondo voi?
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Sign up to join this communityQualche giorno fa mi sono trovato a comporre una frase con il participio passato del verbo prudere, ma quando sono andato per pronunciarlo mi sono bloccato, imbarazzato, senza sapere che dire.
Secondo voi?
Prudere è un verbo intransitivo della II coniugazione, coniugato nella forma attiva con nessun ausiliare, e soprattutto è un verbo difettivo, cioè mancante del participio presente e passato e di alcune persone del passato remoto.
Inoltre da un post sul forum dell'Accademia della Crusca si legge:
Verbi in «-údere» Tutti i verbi in -údere hanno il passato remoto (nella 3a persona singolare) in -use e il participio passato in -uso. Tranne prudere, il cui passato remoto è prudé o prudette: essendo un verbo regolare, credo che il suo inesistente participio passato, se, per qualche motivo, dovessimo coniarlo sei secoli dopo la prima attestazione dell’infinito, non potrebbe essere altro che l’“orrido” pruduto.
È probabile che la difettività del verbo risieda nel fatto che nessuno sente spesso la necessità di parlare di prurito in un tempo composto. Forse perché la sensazione viene menzionata verbalmente solo nel «presente della coscienza» (indicativo presente e imperfetto). Non riesco a immaginare neanche un contesto per il pur esistente passato remoto.
In ogni caso, anche senza inventare un participio passato, si può sempre usare, per i tempi composti, l’espressione «avere/sentire prurito».