È un esempio del raddoppiamento sintattico, o fonosintattico, che menzionavo rapidamente qui e che nell'italiano standard si verifica anche nei casi di grafia non unita (cioè, si scrive “vado a casa” ma si pronuncia “vado accasa”) con la differenza appunto che è reso esplicito solo nelle univerbazioni.
Si verifica dopo le parole tronche con l'accento indicato (dà, così, né, città...) e alcuni monosillabi: i sostantivi, aggettivi e pronomi (forti) monosillabi, ma anche altri, come “a” e “da” (cf. “addio” e “dabbene”), e alcune altre parole. C'è una descrizione completa nella voce sul raddoppiamento dell'enciclopedia Treccani.
Alcuni dizionari specificano esplicitamente o con accorgimenti grafici se una parola dà luogo al raddoppiamento dopo (o in rari casi prima) di sé. Per esempio, la voce “sopra” del Treccani specifica “(radd. sint., come prep.)”, cioè solo quando viene usata come preposizione (“sopra la tavola”) non come avverbio (“vado sopra ma tu resta qui”). Nel DOP è invece indicato con un piccolo segno “+” dopo (o prima) della parola: vedi per es. “così”.
Sottolineo che qui si parla dell'italiano standard: in molte altre varietà dell'italiano alcuni raddoppiamenti canonici non si verificano (per esempio “da” raddoppia quasi solo in Toscana) o se ne verificano di non standard (in alcune parlate romane, per esempio, in parole come “chiesa” e “sedia” la consonante iniziale si raddoppia anche dopo l'articolo: “lacchiesa”, “lassedia”).