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Nel romanzo Il giorno della civetta, di Leonardo Sciascia, ho letto:

La natura imita l'arte: ammazzato sulle scene liriche dalla musica di Mascagni e dal coltello di compare Alfio, Turiddu Macca cominciò a popolare le mappe turistiche della Sicilia e i tavoli d'autopsia. Ma qualche volta, di coltello o di lupara (non più di musica, per fortuna), la peggio toccava ai compari Alfio: e il capitano Bellodi, in quel momento, non sapeva tenerne conto; e questa distrazione avrebbe pagato con una piccola censura.

Non capisco il significato dell'espressione "tenerne conto" in questo brano. Ho cercato alla voce "conto" in parecchi dizionari, ma non ho trovato o non ho saputo trovare nulla che abbia senso in questo contesto. Potreste spiegarmelo?

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Da Treccani, nella definizione di conto:

tenere conto (seguito da un complemento di specificazione o da una prop. introdotta dall’espressione del fatto che o semplicem. da che), fare la debita valutazione di una circostanza: bisogna tener conto delle sue reazioni; tieni conto (del fatto) che è già molto tardi;

I riferimenti sono relativi alla Cavalleria rusticana, che è un'opera in un unico atto di Pietro Mascagni, su libretto di Giovanni Targioni-Tozzetti e Guido Menasci, tratto dalla novella omonima di Giovanni Verga.

Nella novella è compare Turiddu che cade sotto i colpi del pugnale di Alfio, ma Sciascia lascia intendere che ogni tanto nella realtà succede il contrario.

Nel passaggio da te citato tenerne conto significa che il protagonista non sapeva considerare i particolari, magari evidenti, con la giusta attenzione, mancanza per cui sarebbe stato rimproverato in seguito.

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