Dario Fo crea un linguaggio espressivo e immaginifico che dà voce al personaggio, in un processo di costruzione del pastiche che va ben oltre il confine della ricostruzione filologica. Fo non si fa scrupolo di piegare la
storia, ivi compresa quella linguistica, alle esigenze della scena e del messaggio sociopolitico che essa veicola. Basti pensare, in Mistero Buffo, all'ardita esegesi del contrasto di Cielo D'Alcamo.
Nel teatro di Fo il rapporto fra la lingua nazionale e l'elemento locale è complesso e dinamico. Lungo l'asse che unisce i due poli dell'italiano standard unitario e la moltitudine dei vernacoli, la mescolanza di questi due elementi produce una vasta gamma di configurazioni linguistiche.
Scrive Graziano Benelli
Né si dovrà dimenticare l’originalità della lingua con cui sono composti e recitati questi testi, una lingua che Dario Fo ha scelto, se non inventato, con grande abilità; si tratta di una imitazione dell’italiano arcaico che si suppone parlato nella Pianura Padana o in una parte di questa. L’invenzione di una tale lingua, tra l’altro molto comprensibile in tutta la nostra penisola, è già di per sé fonte di straniamento e di grande comicità. Se leggiamo la versione in un italiano odierno di Mistero Buffo, che a un certo punto Dario Fo ha inserito a fronte del testo originale per meglio aiutare la sua fruibilità [È probabile che tale versione sia stata effettuata soprattutto per far conoscere Mistero Buffo all’estero e per facilitare la sua traduzione nelle altre lingue. Anche la numerosa accentuazione delle parole, assente nella prima edizione dei testi, va in questa direzione.], avremo subito l’impressione di un lavoro diverso,
meno avvincente, meno entusiasmante; la versione in un italiano corrente perde di molto lo smalto originale, fino a diventare in taluni passi quasi banale.
La particolarità della lingua, che appare al pubblico come un italiano per così dire storpiato, dialettale e dunque popolare, produce già un effetto straniante che va nella direzione della comicità; questa lingua anticata più che antica predispone lo spettatore ad accettare un contenuto anche alternativo alla cultura finora appresa.
La traduzione in un italiano attuale dà origine a un testo profondamente diverso, a tal punto che non sembra neppure dire la stessa cosa; e in effetti si tratta di tutt’altra atmosfera, di un clima molto diverso che non aiuta lo spettatore/lettore a immergersi in una visione alternativa a quella proposta dalla cultura ufficiale.
Dario Fo si è costruito una lingua con termini provenienti da zone diverse e suoni scelti in base al criterio del fonosimbolismo. Mistero Buffo è scritto in uno «pseudodialetto padano-veneto» quattro-cinquecentesco, frutto della ricettività e della creatività verbale del grande autore-interprete.
Sarà difficile trovare in un dizionario, e forse bisognerebbe evitare di farlo, i termini che si discostano dall'italiano standard, che pur si comprendono, usati da chi come Dario Fo ha passato la vita a impastare idiomi provenienti da tutta la penisola, carichi di suoni onomatopeici, forme traslate, sempre sostenute dal gesto e da una straordinaria vocalità.
Qui "una froppata di fuoco", dove froppata non è un termine italiano ma semplicemente la versione italianizzata di fropàda, suscita l'idea di una "fiammata" e credo sia questo il significato che le si può attribuire.