Nel romanzo Il sorriso dell'ignoto marinaio, di Vincenzo Consolo, ho letto:
Chinnici aveva fama per il trettarì. Sempre quello, da due anni, da quando mise piede a Cefalù. Si presentava al pizzicagnolo: pasta estratto ricotta pecorino caciocavallo tonno bottarga aringhe pescestocco... (moglie, tre figli e suocera a carico con fame d'allupati). Col pollice e l'indice tirava dal taschino l'argento bianco, glielo metteva sotto il naso fissandolo negli occhi. «Che fa, mi scangia?» gli diceva. «Vossia scherza?» gli rispondeva il pizzicagnolo. «Dove lo trovo il resto? Un'altra volta, dopo, dopo mi paga». La medesima faceva poi col carnezziere, il pescivendolo, il panettiere, l'acquaiolo, l'ortolano. S'approfittava financo dell'Ersilia, la vecchia che vendeva per le strade cicorie cacocciole asparagi finocchi babbaluci, secondo la stagione.
La mia domanda è: cosa significa "trettarì"? Non ho trovato questo termine in nessun dizionario. Si tratta di un vocabolo di origine siciliana? Potrebbe trattarsi di una moneta d'argento?