Non è un problema di correttezza, riguarda il soggetto o contesto a cui ti stai riferendo, ed è più per un discorso di "scorrevolezza".
Faccio un esempio semplice.
Se in una frase si volesse fare un esempio come sto facendo io, dicendo "e ad esempio" sarebbe corretto. Ma se decidessi di scrivere "ed ad esempio", sarebbe corretto comunque (http://dizionari.corriere.it/dizionario-si-dice/A/a-ad.shtml).
La differenza è che, mentre si parla, è normale non essere letterali totalmente, e quindi non scandire le lettere finali. Dovrebbe essere naturale invece, cercare di "addolcire" e rendere più scorrevole il testo o la lingua parlata.
In questo caso, come hai già notato, dire "d'Italo" o dire "di Italo" è indifferente, l'unica differenza a livello, non di correttezza ortografica, ma piuttosto di rispetto verso la persona, è utilizzare un apostrofo o no.
Faccio altri due esempi.
Supponiamo di avere un amico, che si chiama appunto, Italo. Italo ha comprato un'auto che vediamo per strada.
Possiamo dire che "l'auto è d'Italo" (pronunciandolo, suona scorrevole).
Oppure possiamo dire "l'auto è di Italo" (ma sembra che ci stiamo riferendo all'autore delle opere, e non all'amico).
In genere, in ambito formale, si tenta di diminuire il numero di apostrofi, e contrazioni, dando meno "confidenza" all'interlocutore. Sono differenze sottili, che possiamo trovare sempre tra amici.
Utilizzando l'espressione "l'amico mio" si dimostra confidenza con la persona in questione.
Dicendo invece "al mio amico", suona più "friendly", meno confidenziale e meno restrittivo.
Tornando al tuo discorso, ti porto un paio di esempi di nomi, con cui si usa "di", sempre di scrittori. (Oltretutto, leggendolo, sembra una forma arcaica, mettere la preposizione con apostrofo a volte.)
Le opere di Omero.
Le poesie di Emily Dickinson.
Dorian Gray di Oscar Wilde.
Ce ne sono molti di esempi. In sostanza, cerca di evitare di usare la forma contratta con nomi propri perché suona male, perché per essere corretto è corretto.