È una domanda difficile, e acuta, a cui non si può dare una risposta univoca o assoluta, poiché si tratta di scelte di un traduttore di fronte a un testo sicuramente difficile.
E mi è venuta una risposta-fiume, ma non è facile rispondere in assenza di un contesto.
Riporto una parte più lunga dell’incipit, che permette di capire meglio l’insieme del testo.
Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un percorso di tre passi
sul palato per battere, al terzo, contro i denti. Lo. Li. Ta.
Era Lo, semplicemente Lo al mattino, ritta nel suo metro e
quarantasette con un calzino solo. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a
scuola. Era Dolores sulla linea tratteggiata dei documenti. Ma tra le
mie braccia era sempre Lolita.
Una sua simile l’aveva preceduta? Ah sì, certo che sì! E in verità non
ci sarebbe stata forse nessuna Lolita se un’estate, in un principato
sul mare, io non avessi amato una certa iniziale fanciulla. Oh,
quando? Tanti anni prima della nascita di Lolita quanti erano quelli
che avevo io quell’estate.
Potete sempre contare su un assassino per una prosa ornata. Signori
della giuria, il reperto numero uno è ciò che invidiarono i serafini,
i male informati, ingenui serafini dalle nobili ali. Guardate questo
intrico di spine. (1)
Come si vede è un tono alto e tragico, anche se già in questo incipit
si possono vedere variazioni di registro.
Alcune interessanti osservazioni sono in questo link:
https://lemuseinquiete.it/lolita-uno-scandalo-di-talento/
Come osservato nell’articolo del link, nel primo paragrafo dell’incipit c’è una evidente componente lirica della narrazione, in senso stretto, per uso di allitterazioni e di omofonie, come nella ripetizione delle L, o delle T, che conferiscono musicalità al periodo.
E, in generale, il tono del romanzo è pieno di pathos, anche se, come sottolinea l’autore nel link, è un tono che può assumere vari registri.
Ad esempio, il secondo paragrafo, sembra far virare il tono verso un registro più quotidiano, per poi riprendere il tono tragico e alto nei paragrafi successivi, dove si parla addirittura di serafini e di ali, e a cui aggiunge drammaticità l’allusione alla presenza di una giuria.
Ricordiamo comunque che nel romazo parla un un professore di letteratura, è la voce narrante del romanzo, il quale si trova in una situazione estrema, davanti a un a giuria di un tribunale che lo deve condannare per omicidio.
E il protagonista parla esplicitamente di “prosa ornata” di un “assassino”, e immagino che questa coesistenza/scontro di istanze permei la prosa del romanzo e ponga al traduttore non facili scelte stilistiche.
Tutto questo per immaginare le difficoltà poste a un traduttore nel rendere un testo e arrivare alla domanda posta da theWoodPecker
che differenza c'è tra mio
di mio peccato
che è viene attaccato
prima del nome e mia
di anima mia
che invece è viene attaccato
dopo il nome?
è sbagliato dire peccato mio, anima mia
o mio peccato, mia anima
?
Dal punto di vista dell’italiano ognuna di queste scelte sarebbe legittima e corretta.
Si possono solo fare osservazioni sul diverso effetto che possono generare, a seconda di dove si collochino gli aggettivi mia e mio (forse peccato mio suonerebbe un po' bizzarro, ma comunque legittimo).
Da un punto di vista generale direi che l’aggettivo mio-mia posto dopo il nome dà maggiore enfasi, e spesso si usa nei vocativi tesoro mio, bella mia e simili, a un compagno o a un figlio in genere non si dice mio tesoro.
Nel caso di Lolita, mettendo a confronto la frase in inglese e la traduzione italiana:
Lolita, light of my life, fire of my loins. My sin, my soul. Lo-lee-ta:
Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta:
Come detto sopra, c'è un evidente timbro lirico, e alto. Dal punto di vista delle allitterzioni, il traduttore è stato fortunato con le allitterazioni delle L (Lolita, lombi, luce), mentre la fortuna cessa nell'ultima frase dove l'allitterazione delle S in inglese (soul, sin)si perde.
Quindi, credo che il traduttore abbia scelto di mettere mia dopo anima per dare un tono più tragico e poetico, e anche perché così si crea un chiasmo (lo scambio di posizione tra i due aggettici mio-mia) che dà anch'esso un suono più poetico e l'dea (così mi pare) di un crescendo.
Scrivendo mio tesoro, mia anima e persa l'allitterzione delle S, il tono sarebbe divenuto più prosaico e dimesso.
Ho poi notato che questa traduzione di Giulia Arborio Mella, per Adelphi, è uguale alla traduzione precedente per Mondadori, quindi evidentemente la traduttrice ha accettato e ha trovato buona quella precedente.
Naturalmente queste sono considerazioni soggettive, mie, e un'altra persona ci può vedere altre cose. Ma resta fermo che dire mia anima o anima mia suona diversamente.
Insomma, si tratta di una domanda sull’italiano non nel senso grammaticale o di correttezza, ma dell’uso flessibile e infinito della lingua, usata in modi diversi a seconda di quello che si desidera esprimere.
(1) È sempre la stessa traduzione di Adelphi di Giulia Arborio Mella.