Nel libro Racconto d'autunno, di Tommaso Landolfi, ho letto:
Ma pur supponendo che sarei riuscito a forzare una delle porte (colle finestre non c'era speranza perché, tutte quelle almeno che avevo scoperte, erano munite d'inferriata), come ammansare i feroci animali? Mi appigliai a un partito estremo e decisi di sopprimerli, se di meglio non avevo. Ma far fuoco su di loro attraverso il vetro avrebbe significato mancarli quasi certamente, e con grave pericolo, visto che il mio colpo medesimo avrebbe dato loro la via, e che il mio fucile, da caccia, non ne aveva più di due; inoltre sarebbe stato un atto troppo aperto d'ostilità contro i misteriosi abitatori, i quali, dopotutto, padroni dei luoghi e delle finestre, potevano colpirmi a loro piacimento e senza nessun rischio, ove avessi manifestato velleità bellicose. Preferibile era dunque per ogni riguardo attirare i cani fuori, e così dare una parvenza di giustificazione alia mia violenza, quasi fossi stato per agire a difesa contro un loro attacco. Tutti questi ragionamenti, lo capisco bene, non erano troppo filati, ma infine furono i miei del momento.
L'io narrante, un uomo che per scampare dalla guerra è in fuga nel bosco, sta cercando disperatamente di entrare in una casa per trovare rifugio, ma ha scoperto che all'interno si trovano due cani feroci.
Ho cercato l'avverbio "via" nel vocabolario Treccani e una delle accezioni che ho trovato è
Di qui l’uso di via come s. m., per indicare il segnale stesso, nell’espressione dare il via, dare il comando della partenza: era partito prima che il mossiere avesse dato il via; beh, che aspetti a dare il via?; spesso in senso fig., dare inizio, segnare l’inizio: il suo comportamento ha dato il via a dicerie e pettegolezzi senza fine; è stato il rifiuto di trattare del datore di lavoro a dare il via alle manifestazioni di protesta.
È questo il significato dell'espressione "dare la via" nel brano sopra citato, nel senso che il colpo di fucile avrebbe incitato i cani a cominciare a inseguire l'uomo per attaccarlo?