Nel romanzo Mille anni che sto qui, di Mariolina Venezia, ho letto (grassetto mio):
Di fronte alla chiesa madre, Minguccio il Merciale, detto anche il Pugliese, srotolava le tele che portava sul traino e gliele faceva scorrere sotto gli occhi. Loro le accarezzavano furtive, il percalle gentile per le lenzuola, la scozzese che si vendeva a terremoto per le camicie e le tovaglie, la flanella e la falsa flanella per i calzonetti, il mul'ttone piú pesante per le sottane, il velluto liscio da femmina e quello a coste da maschio, il castoro marrò o lilla, scuro e pesante, per la vesta di matrimonio anche d'estate, la nzarchign, bianca e doppia per le tovaglie e le fodere dei materassi, il raso nero per i sinali eleganti, u casimirr, la lana leggera per i fazzoletti da portare in testa, la gabardine per gli abiti da uomo leggeri e la vigogna per il vestito dello sposo, cosí buona che la tenevano stipata che poi si strusceva e quando l'andavano a prendere la trovavano tutta purtusata.
Che bisogno c'è di tutta quella roba che fa solo struscere soldi, diceva Vincenzo [...].
Qualcuno di voi saprebbe spiegare cosa significa questo verbo, "struscere"? Immagino si tratti di una voce di origine dialettale: non sono riuscita a trovarla su nessuno dei dizionari che ho consultato.